Esercizio Fisico e Fibromialgia

Esercizio Fisico e Fibromialgia

L’esercizio fisico a bassa intensità migliora la catastrofizzazione del dolore e altri aspetti psicologici e fisici in donne con fibromialgia

 

LO SCENARIO

La fibromialgia (FM) è una condizione cronica caratterizzata da un dolore diffuso associato ad altri sintomi fisici, come la fatica o la diminuzione della capacità fisica, e alterazioni psicologiche. Una di queste ultime è la catastrofizzazione del dolore, un costrutto psicosociale specifico del dolore, che include l’elaborazione cognitiva ed emotiva, il senso di impotenza, il pessimismo e la ruminazione sui sintomi legati al dolore.

La catastrofizzazione del dolore è stata associata alla gravità del dolore e alla disabilità, e viene considerata un fattore di rischio per la cronicizzazione del dolore. Inoltre, ha dimostrato di diminuire l’accettazione del dolore che, a sua volta, può aggravare la sintomatologia. L’accettazione è più bassa nei pazienti con FM, il che è stato collegato a un più alto grado di disabilità e a una minore qualità della vita.

Altre alterazioni psicologiche che possono aggravare la sintomatologia della fibromialgia sono l’ansia e la depressione. Queste, insieme ad alti livelli di stress, sono state indicate come fattori precipitanti e/o perpetuanti di questa condizione e sono inversamente correlati alla qualità della vita di questi pazienti. A questo proposito, è stato suggerito che più alto è il livello di catastrofizzazione del dolore, ansia e depressione negli individui con FM, maggiore è la loro sensibilità agli stimoli non dolorosi e la difficoltà ad affrontare il processo doloroso.

 

L’IMPATTO CHE HA SULLA VITA DI TUTTI I GIORNI

È interessante notare che la catastrofizzazione del dolore è stata anche inversamente correlata alla resistenza muscolare. Questa tendenza ha dimostrato di avere un impatto negativo sui sistemi neuromuscolare, cardiovascolare, immunitario e neuroendocrino. A sua volta causa un’alterazione della capacità funzionale, che può essere valutata sia oggettivamente che soggettivamente. Un declino oggettivo del condizionamento fisico ha un effetto dannoso sulla capacità di svolgere le attività della vita quotidiana, ma anche l’alterazione della percezione della capacità funzionale autopercepita può portare a un’effettiva inattività fisica e a un progressivo decondizionamento.

Il decondizionamento fisico può avere un impatto negativo sulla qualità della vita dell’individuo e sul suo rendimento professionale, che porta all’assenteismo.

 

COME INTERVENIRE

L’attuale gestione della fibromialgia è solitamente basata sul trattamento farmacologico che, nonostante sia altrettanto efficace di una terapia non farmacologica, ha maggiori effetti collaterali e una minore accettazione da parte dei pazienti. Uno dei più promettenti e convenienti approcci non farmacologici è l’esercizio fisico (PE). Così, sono stati proposti un certo numero di protocolli che prevedevano la resistenza aerobica, la flessibilità, protocolli combinati ed altre modalità, che hanno ottenuto miglioramenti principalmente nella qualità della vita, nel dolore, nella forma fisica, e depressione con carichi di lavoro progressivi adattati alle condizioni dell’individuo per promuovere l’aderenza.

 

LO STUDIO

In uno studio controllato randomizzato si è voluto analizzare l’effetto di un programma di esercizio fisico a bassa intensità, che combina l’allenamento di endurance e coordinazione, sugli aspetti psicologici (come catastrofizzazione del dolore, ansia, depressione e stress), la percezione del dolore (cioè, accettazione del dolore, soglia del dolore da pressione (PPT), e la qualità della vita e il condizionamento fisico (cioè, capacità funzionale autopercepita, resistenza e capacità funzionale, potenza e velocità) in donne con fibromialgia.

Trentadue donne con FM sono state assegnate in modo casuale a un gruppo che svolgeva esercizio fisico (PEG, n = 16), che svolgeva un programma a bassa intensità di otto settimane e un gruppo di controllo (CG, n = 16). Sono stati valutati prima e dopo l’intervento: la catastrofizzazione del dolore, l’ansia, la depressione, lo stress, l’accettazione del dolore, la soglia del dolore da pressione, la qualità della vita, la capacità funzionale autopercepita, la resistenza e la capacità funzionale, la potenza e la velocità. Si è osservato un miglioramento significativo in tutte le variabili studiate nella PEG dopo l’intervento (p < 0,05). Al contrario, la CG non ha mostrato miglioramenti in nessuna variabile, che ha inoltre mostrato valori più miseri per la PPT (p < 0,05).

In conclusione, un programma combinato di esercizio fisico a bassa intensità, che include allenamento di endurance e coordinazione, migliora le variabili psicologiche, la percezione del dolore, la qualità della vita e il condizionamento fisico nelle donne con FM.

 

Dott.ssa Francesca Vespasiano – Chinesiologa

[Low-Intensity Physical Exercise Improves Pain Catastrophizing and Other Psychological and Physical Aspects in Women with Fibromyalgia: A Randomized Controlled Trial – Ruth Izquierdo-Alventosa et al. Int J Environ Res Public Health – 21 Maggio 2020]

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Dolore : “Istruzioni per l’uso” Pt. 2

Dolore : “Istruzioni per l’uso” Pt. 2

Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto il significato, probabilmente nuovo per molti del DOLORE, cioè come sistema e meccanismo di protezione dei nostri tessuti, ed il dolore come una esperienza sensoriale ed emotiva che possiamo fare in talune circostanze; infine abbiamo accennato al fatto che non tutti i “dolori” sono uguali.

 

Consideriamo, ora, i meccanismi neuro-fisiologici che concorrono alla “esperienza finale del dolore”: la nocicezione, la percezione e la “scatola nera del Dolore”.  E dobbiamo fare una distinzione fondamentale tra il “dolore acuto” ed il “dolore persistente(a me non piace parlare di “dolore cronico” e, peggio ancora di “malato cronico”, perché così il paziente si sente “spacciato” e destinato ad una vita di sofferenza…).

La nocicezione è “Il processo, essenziale alla sopravvivenza, di codifica neurale (ricezione, trasmissione ed elaborazione centrale) di uno stimolo nocivo (Tracey 2013)”.

Può essere definita coma la modalità sensoriale costituita da recettori e vie nervose che rilevano stimoli ad alta soglia con caratteristiche termiche, chimiche e meccaniche.

La nocicezione è altresì una modalità sensoriale specifica per informazioni ad alta intensità che utilizza segnali neurali ad alta frequenza per trasmettere informazioni sull’intensità di un dato stimolo e non sul dolore…e questo è molto importante sottolinearlo! Quindi dopo una data soglia di impulsi, di stimoli ritenuti dannosi o potenzialmente dannosi (SIGNIFICATO), il dolore è la risposta che si attiva nella sua complessità!

E’ inoltre il processo neuro-fisiologico che dalla periferia (tessuti) al centro (midollo e cervello), recapita informazioni circa la salute, il danno e/o la lesione riscontrata, e dal centro in periferia riportando altre informazioni per la gestione dello stato patologico riscontrato.

In questo contesto, quindi, il Dolore è un meccanismo utile e positivo che garantisce la gestione ed il processo della guarigione! Il dolore nocicettivo è il “dolore fisiologico”, localizzato nell’area del danno o della disfunzione. Il paziente descriverà questo dolore con tutta una serie di “sensazioni e sintomi conosciuti”; riferirà vari fattori aggravanti o allevianti di natura meccanica; il dolore generalmente è intermittente e acutizzato con il movimento; nella fase acuta ci saranno fastidi pulsanti e costanti anche a riposo, è la nocicezione associata all’infiammazione.

Allora anche il processo infiammatorio è necessario alla guarigione, quindi, probabilmente, è sbagliato accanirsi con farmaci antiinfiammatori!

La percezione è il complesso sistema neuro-fisiologico attraverso il quale il nostro cervello comunica con il mondo esterno attraverso i recettori, i quali convogliano una quantità enorme di informazioni ogni secondo. Da questa mole è il cervello che “decide” cosa è importante e cos’altro no, per motivi di risparmio energetico ed altro. Dalle info ritenute importanti si costruisce la sua realtà e la sua visione del mondo.

Questo processo vale anche per gli stimoli nocicettivi e/o neuropatici: lo stimolo allarmante (importante) diventa percettivo, avrà un significato e ne partirà, magari, tutta la risposta dolorifica… (i nocicettori si possano attivare senza l’esperienza del dolore: sono tutti d’accordo che applicando 50 kg su 1 cm quadro di pelle si evocherebbe dolore severo, ma una ballerina classica con scarpe a punta lo fa continuamente per diverse ore, riportando esperienze emozionali positive, mentre i suoi nocicettori delle dita sono sicuramente attivi; quindi, almeno i ballerini esperti riescono a dissociare l’esperienza del dolore dalla nocicezione!)

 

Diverso è il quadro neuro-fisiologico in caso di Dolore persistente/cronico: il danno/lesione sono guariti ed il paziente continua a provare dolore! Siamo di fronte ad uno scenario complesso, in cui la cosiddetta “matrice del dolore”, le “vie neuronali ascendenti e discendenti” diventano ipersensibili ed ipereccitabili e maladattivi. Altri fattori, come dicevamo sopra (aspetti bio-psico-sociali, stato emotivo, convinzioni, ricordi, aspettative e significati), entrano e restano in gioco, mantenendo uno “stato di allarme acceso ed attivo”.

Al mantenimento del dolore cronico concorrono vari aspetti:

  • Influenze cognitive ed affettive (pensieri e convinzioni de-potenzianti);
  • Influenze socioeconomiche;
  • Influenze genetiche ed epigenetiche;
  • Influenze ambientali… (troppa protezione e “vita da perenne ammalato”);
  • Utilizzo spesso esagerato ed improprio di farmaci.

Le caratteristiche del dolore cronico centrale generalmente sono: pattern di provocazione sproporzionato, generalmente non meccanico; dolore sproporzionato alla natura ed all’estensione del danno originale.

La distribuzione del dolore è molto diffusa senza necessariamente rispettare rapporti anatomici o di innervazione; forte associazione con fattori psicosociali maladattivi. Quando la protezione diventa troppa protezione, il movimento viene inibito e la modulazione del dolore si riduce: uno stimolo che in precedenza veniva interpretato dal sistema nervoso come non significativo ora viene percepito come dolorifico. Il cervello gioca un ruolo fondamentale nell’interpretazione del dolore!

 

Quindi dobbiamo trattare differentemente un paziente con dolore acuto rispetto ad un paziente con dolore persistente!

Dobbiamo essere in grado di riconoscere e gestire diversamente il dolore nocicettivo da quello neuropatico! E dobbiamo assolutamente trattare con tempi ed obiettivi diversi il paziente dal dolore nociplastico centrale, nella sua complessità e sofferenza!

Dobbiamo essere in grado di spiegare il dolore ed i suoi meccanismi in maniera differente! Ma spesso ci si limita a curare il Dolore esclusivamente come sintomo, lasciando il paziente in uno stato di malattia.

Dott Lorenzo Rossi – Fisioterapista spec in Terapia Manuale

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Dolore : “Istruzioni per l’uso” Pt.1

Dolore : “Istruzioni per l’uso” Pt.1

Dolore è la parola più cliccata nei motori di ricerca di tutto il mondo, ed è l’esperienza che abbiamo fatto tutti sin “dai primi passi”, o anche prima!

Secondo la definizione proposta dall’International Association for The Study of Pain (IASP): “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno reale o potenziale del tessuto, o descritta con riferimento a tale danno”.  Un’esperienza, quindi modificabile dalle nostre aspettative, dalle nostre convinzioni, dal ricordo del dolore stesso, dal contesto bio-psico-sociale in cui viviamo. Un’esperienza “emotiva” quindi in cui confluiscono emozioni e significati che al dolore ognuno di noi associa. (Un paio di scarpe nuove, belle ed eleganti sotto ad un vestito altrettanto elegante in una giornata per noi importante e speciale, magari ci stanno strette, ci fanno male…ma in un contesto simile, quel dolore non ha un significato limitante o preoccupante…)

Dolore come “emozione protettiva dell’integrità dell’organismo”; non più dolore/danno, piuttosto come il risultato della percezione nel nostro cervello, che un certo evento può essere minaccioso per l’integrità dei nostri tessuti.  A questa percezione di minaccia concorrono gli imput sensoriali, le esperienze passate, fattori culturali/sociali, aspettative, credenze e convinzioni.

L’insieme di tutti questi fattori dà il significato complessivo all’esperienza del dolore; seguiranno risposte motorie, risposte immunitarie, risposte endocrine che genererà il comportamento complessivo volto alla protezione di difesa del tessuto minacciato.

Un quadro patologico, infiammatorio, quindi di dolore è mantenuto (come indiscutibilmente dimostrato dalla letteratura scientifica), da certi cibi e dalla qualità del sonno: una corretta alimentazione, uno stile di vita sano ed un sonno ristoratore saranno da prediligere (seguiranno articoli dedicati).                       

La biologia del dolore non è mai semplice!

Il dolore appartiene, dunque, al sistema di protezione dell’organismo: è un’emozione soggettiva emergente dall’esperienza dell’avere un corpo in relazione con il mondo: in tal senso è non solo utile…ma necessaria!

I quadri patologici si possono inserire in tre grandi categorie: dolore prodotto da meccanismi Nocicettivi, Neuropatici e Nociplastici.

Nella prima categoria ci sono tutti quei quadri dolorosi determinati da meccanismi fisiologici, naturalmente deputati alla protezione dei tessuti e delle strutture corporee, da possibili danni e poi in caso di lesione, saranno in grado di favorirne i processi di guarigione.

Alla seconda categoria appartengono le lesioni e le patologie del Sistema Nervoso somato-sensoriale periferico, di natura traumatica, degenerativa e metabolica: le stesse fibre nervose del nervo avranno dei danni (es: neuropatia diabetica, sindrome del tunnel carpale, cervico-brachialgia, lombo-sciatalgia, ecc).

Nel gruppo nociplastico, o per semplificarlo “della sensibilizzazione centrale”, rientrano tutti quei meccanismi in grado di produrre e mantenere a lungo l’esperienza dolorosa. A questo gruppo appartengono tutti i quadri clinici complessi che sono basati sull’alterazione del funzionamento del dolore, nelle quali non è possibile individuare una specifica condizione patologica (es: fibromialgia, mal di schiena non specifico, sindrome delle gambe senza riposo, ecc).

Queste tre categorie, clinicamente, si possono sovrapporre: per determinarne la terapia più efficace, in fase di valutazione toccherà all’operatore sanitario, considerare il gruppo manifesto prevalente.

Il dolore ci preoccupa e ci destabilizza e, nonostante sia un’esperienza molto comune nella vita quotidiana di ognuno di noi, quando ci capita di provarlo, nella nostra testa si accende un campanello d’allarme che ci porta ad associarlo, troppo spesso, ad uno stato di malattia.

Tutto il sistema neuro-biologico del dolore lo possiamo paragonare ad un sistema complesso ed efficace di allarme. Spesso, però, il sistema può diventare “troppo” sensibile allertandosi anche quando non ce ne sia veramente bisogno: e come se i sensori facessero scattare tutto l’allarme alla rilevazione di una mosca…

Nella seconda parte dell’articolo vedremo nel dettaglio come funziona questo sistema complesso ed affascinante…

 

 Dott Lorenzo Rossi – Fisioterapista spec in Terapia Manuale

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Percorso Salute: il caso di Roberta

Percorso Salute: il caso di Roberta

Seguiamo il percorso di Roberta M. donna, 23 anni.

Ho avuto modo di conoscere Roberta grazie alla Dott.ssa Simona Piccoli, con lei aveva iniziato un percorso di dimagrimento l’11 Gennaio 2020. Il suo percorso inizia senza fretta, con cambi di piano frequenti e sempre rispondenti alle sue necessità e momenti di “pausa” di cui ha spesso sentito bisogno.

È stata poi indirizzata a me sia per iniziare un percorso di ricomposizione corporea, avendo perso molti chili, sia perché avvertiva, da ormai tre anni, un dolore che si irradiava dalla zona lombare, lungo il gluteo, la gamba, fino al piede (arto inferiore di sinistra).

Il 20 settembre 2021 dopo un’anamnesi approfondita ed il confronto avvenuto con la nutrizionista del Centro, ho iniziato con Roberta un allenamento di tipo personalizzato.

 

La ragazza, 23 anni, aveva precedentemente frequentato l’ambiente della palestra, ma non era mai stata seguita da un Personal Trainer; per questo, le prime quattro settimane sono state dedicate alla fase di adattamento anatomico. Quest’ultimo è fondamentale per abituare in maniera progressiva i muscoli e i tendini a volumi crescenti per gestire i carichi che il soggetto affronterà nei mesi a seguire.

 

Già dopo la prima settimana di allenamento specifico, il dolore che avvertiva era sparito. Da settembre in poi l’obiettivo sarà quello di ricomposizione corporea, ovvero l’aumento della massa magra insieme alla diminuzione della massa grassa per la salute e per donare un aspetto armonico al suo fisico.

 

Grazie alla dieta, a settembre 2021, Roberta ha perso in totale 13,3 chili, nessuna sostanziale perdita di massa muscolare, miglioramento del contenuto di liquidi corporei, con un ottimo risultato sulla massa grassa che passa dal 38,4% al 29,7% in peso.

Dopo un solo mese di allenamento personalizzato, a parità di peso, passa dal 29,7% al 27,7% di massa grassa, migliorando notevolmente il contenuto e la distribuzione dei liquidi corporei ed ha un aumento di massa muscolare di quasi il 2%: il quadro migliore di composizione corporea da quando ha iniziato il Percorso Salute!

 

Una strategia di allenamento è sicuramente l’High Intensity Interval Training, l’allenamento ad intervalli, in cui si alternano fasi ad alta intensità con periodi di recupero o a bassa intensità. Il consumo estremamente elevato di ossigeno nelle fasi ad alta intensità stimola il sistema cardiocircolatorio e migliora notevolmente la resistenza. Oltretutto i grassi vengono bruciati in fretta durante ma anche dopo l’allenamento e vi è, da non sottovalutare, un miglioramento della performance.

 

Cosa dice la ricerca

Una ricerca pubblicata su Journal of Obesity ha riportato che 12 settimane di HIIT non solo possono risultare in una significativa riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo a livello di addome e troco oltre che di grasso viscerale, ma possono determinare un notevole incremento della massa magra (Heydari M. et al – 2012).

 Ulteriori evidenze pubblicate su Cell Metabolism hanno mostrato che picchi brevi e ripetuti di esercizio ad alta intensità producono immediati e misurabili variazioni nel DNA di soggetti sani e sedentari, e la maggior parte dei geni coinvolti dopo l’esercizio acuto sono quelli implicati nel metabolismo del tessuto adiposo (Romain Barrès et al -2012).

 

 Dott.ssa Francesca Vespasiano – Chinesiologa

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Testimonianza Percorso Salute

Testimonianza Percorso Salute

Spesso succede che ti illudi di star bene e sentirti bene solo se ti dedichi agli altri e fai tutto per chi ti è vicino senza curanti minimamente di te stesso.

Per anni ho trascurato me stessa e la mia salute mentendo a me stessa e cercando di convincermi che non avevo tempo da dedicare a me stessa perché troppo indaffarata con il lavoro, la famiglia e tutti le altre iniziative sociali a cui mi sono sempre dedicata.

Però arriva un momento in cui il tuo fisico ti da dei segnali che non puoi trascurare o far finta che non ci siano.  Ho sempre pensato che l’apparenza non conti perché se si sta bene con se stessi il resto non conta. Però ad un certo punto non stavo bene non dal punto di vista estetico ma dal punto di vista fisico.

Ho avuto diversi episodi di pressione alta, problemi alle ginocchia, mi sentivo sempre stanca, la notte non riuscivo a dormire, il peso aumentava sempre più nonostante non sono mai stata una gran mangiona e nonostante il mio aspetto è sempre rotondetto sin da ragazza.

In passato diverse volte ho provate diete fai da te con le quali   sono riuscita a perdere peso sempre molto facilmente e altrettanto facilmente li ho rimessi. Le gravidanze, le preoccupazioni, gli impegni e le responsabilità insieme con il “trascurarsi” hanno contribuito in modo pesante ad raggiungere un peso di 90 kg su 1.60 di altezza.

Il 10 settembre del 2020 in piena pandemia all’improvviso ho sentito il bisogno di fare qualcosa per me. Volevo stare meglio, dormire e riposare la notte per poi lavorare al meglio di giorno.

Allora ho deciso di chiedere aiuto: ho contattato il Centro DiversaMente Benessere e ho preso un appuntamento con la nutrizionista Dott.ssa Piccoli Simona, che conoscevo da una vita e che sapevo essere molto preparata professionalmente.

Mi sono fidata e affidata a lei e abbiamo iniziato un percorso che è mi ha portato a perdere 27 kg in 10 mesi circa. La perdita di peso è stato il risultato sicuramente più visibile, ritrovarsi con tre taglie in meno per una donna sembra il risultato più ambito ma sinceramente il risultato più importante per me è stato quello di riuscire a dormire la notte, riassaporare il gusto di riposare e sentirmi bene oltre che fisicamente anche mentalmente.

Il percorso non è stato né facile né senza intoppi e problematiche, ma la determinazione e la perseveranza hanno avuto la meglio. Ho seguito alla lettera tutti i consigli e i piani alimentari ciclizzati studiati per me dalla Dott.ssa Piccoli ma è stato utilissimo se non fondamentale aver unito alla dieta il movimento: almeno due/tre volte a settimana mi sono impegnata a fare lunghe camminate e poi sono stata seguita da Francesca Vespasiano nella palestra del Centro; a completamento del percorso, sono stata trattata dalla Dott.ssa Scarano Alessandra, con delle sedute di fisioestetica.

Il percorso fatto mi ha permesso di conoscere e sperimentare uno stile di vita che permette il benessere fisico mentale e psicologico.  Chiaramente i miracoli non esistono ma ripeto l’impegno la perseveranza insieme con la professionalità del Centro hanno portato ad un ottimo risultano che può essere alla portata di tutti se si è motivati e decisi a ritrovare sé stessi e il proprio equilibrio interiore ed esteriore.  C.L.

 

 

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