Dito a Scatto : cause e cura

Dito a Scatto : cause e cura

Quella che tutti conosciamo comunemente come “dito a scatto” in termini medici è una condizione che prende il nome di  “tenosinovite ” e riguarda le pulegge e i  tendini  della  mano, in particolare quelli deputati al movimento di flessione delle dita.

Cosa sono le pulegge?

Le pulegge sono dei “tunnel” fibrosi entro i quali scorrono i tendini delle dita della mano.

Cosa sono i tendini?

I tendini sono quella porzione di muscolo che unisce il ventre muscolare all’osso. I tendini flessori delle dita della mano originano tutti dal gomito, precisamente dall’epitroclea, che è una prominenza ossea situata nella parte laterale dell’estremità distale dell’omero.

Dal gomito, attraversando l’avambraccio, i muscoli epitrocleari arrivano fino alla mano e alle dita.

 

Quali sono i sintomi del dito a scatto?

Il sintomo più evidente di questa condizione è quello per cui è conosciuta la patologia, ossia lo “scatto”. A causa di un rigonfiamento in un punto specifico nella guaina tendinea della puleggia, il tendine ha sempre maggiore difficoltà a scorrere. Quando attraversa l’area ristretta, il tendine è schiacciato e questo produce dolore. Se questa condizione viene protratta, oltre al dolore il paziente noterà un vero e proprio impedimento meccanico allo scorrere del tendine che non trovando sufficiente spazio tenderà a bloccarsi per poi scorrere improvvisamente producendo un movimento “a scatto”.

SI verifica dunque un circolo vizioso per il quale l’infiammazione che ha prodotto l’ispessimento della guaina infiamma il tendine che trova difficoltà nello scorrimento all’interno di essa. In alcuni casi il tendine si blocca nel movimento di flessione e il paziente ha molta difficoltà a farlo tornare alla posizione di partenza.

Nei casi più avanzati è ben visibile la presenza di un nodulo in prossimità dell’ispessimento della puleggia del tendine. Il dolore è presente non solo al movimento ma anche alla palpazione, e in condizioni acute il paziente avverte sintomatologia algica anche con il dito a riposo.

 

Quando e perché viene il dito a scatto?

Le cause del dito a scatto sono ancora oggi molto dubbie, sicuramente sono noti fattori di rischio come:

  • Subire microtraumi ripetuti nel tempo;
  • Effettuare professioni in cui si eseguono lavori manuali per molte ore al giorno come il manovale, l’elettricista, il cuoco, il massaggiatore, pasticcere, idraulico, ma anche chi lavora molte ore al pc;
  • Presenza di patologie come: artrite reumatoide, artrite psoriasica, diabete, gotta ecc.;
  • Età superiore ai 30 anni.

 

Quali sono i rimedi per il dito a scatto?

L’obiettivo del processo di cura in questo caso è la riduzione/scomparsa del dolore e dell’ispessimento della puleggia. Ci sono due tipi di approccio per questa patologia:

  • terapia conservativa con metodi fisioterapici e farmaceutici;
  • terapia con la chirurgia mininvasiva.

Il tipo da approccio con il quale procedere dipende da caso a caso, ma è sempre consigliabile tentare un primo ciclo di fisioterapia, anche nei casi più gravi, poiché anche se non si riuscisse a far passare del tutto i sintomi sicuramente contribuirebbe ad un miglioramento della condizione clinica.

 

Come curare il dito a scatto senza intervento: la fisioterapia

Il ciclo fisioterapico per questa patologia è costituito dall’integrazione di tecniche di terapia manuale, mezzi fisici ad alta tecnologia, esercizi specifici e ortesi.

Le tecniche di terapia manuale come le mobilizzazioni in trazione, il massaggio e il trattamento di trigger point hanno lo scopo di ridurre la tensione e la rigidità dei tessuti, recuperando il più possibile la disfunzione di movimento che caratterizza questa condizione.

I mezzi fisici ad alta tecnologia hanno lo scopo di controllare l’infiammazione e ridurre il dolore mediante la stimolazione biologica del tessuto. I device più utilizzati per questa condizione sono:

  • Tecarterapia: la parola TECAR è Trasferimento Energetico Capacitivo Resistivo, si tratta di un dispositivo che emette onde elettromagnetiche ad alta frequenza, le quali si ipotizza che generino sul tessuto trattato tre tipi di stimoli biologici:

– chimico: una normalizzazione del potenziale di membrana, gli scambi cellulari tendono ad alterarsi in stati infiammatori;

– termico: per un richiamo di sangue che avviene nella regione trattata. Questo effetto consente un aumento del microcircolo e della temperatura tissutale locale. Considera che il calore profondo (endogeno) che si avverte nel trattamento, oltre che ad avere un impatto curativo è molto piacevole e rilassante, tanto che spesso alcuni pazienti si addormentano;

– meccanico: a seguito del trattamento risulta essere più semplice trattare e mobilizzare i tessuti.

  • Ipertermia: utilizza onde elettromagnetiche a una frequenza ben precisa. Come la tecar, anche l’ipertermia genera calore endogeno, dando però maggiore specificità al trattamento poiché il terapista può scegliere la profondità e la temperatura con cui stimolare il tessuto bersaglio. A differenza della tecar, l’ipertermia offre solo trattamenti statici e localizzati.
  • Ultrasuoni: come suggerisce il nome, gli ultrasuoni stimolano il tessuto mediante l’utilizzo di onde acustiche. Si tratta di terapie localizzate in punti specifici.
  • Laser ad alta potenza: questo dispositivo stimola il tessuto mediante l’utilizzo di onde luminose ad alta potenza. Il laser, generando un raggio luminoso di circa mezzo centimetro di diametro è altamente specifico e allo stesso tempo non è indicato per trattare vaste aree.
  • Gli esercizi specifici hanno l’obbiettivo di migliorare l’equilibrio di forza muscolare, alcuni esercizi riguardano l’allungamento dei tessuti mentre altri riguardano il rinforzo di alcuni gruppi muscolare che risultano troppo deboli. Di solito il fisioterapista consiglia al paziente anche delle posizioni specifiche da adottare a casa e dei comportamenti da evitare, che potrebbero esacerbare la propria condizione.
  • Le ortesi più utilizzate in questi casi sono dei tutori, più o meno rigidi, che hanno lo scopo di ridurre il carico sul tendine infiammato.

Normalmente per questo tipo di condizione si prescrivono cicli da dieci sedute a cadenza bisettimanale, in alcuni casi i fisioterapisti consigliano al paziente di effettuare tre sedute a settimana per le prime due settimane (in modo da dare uno stimolo importante al tendine infiammato) e poi procedere con una frequenza bisettimanale.

 

Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/patologie/polso-e-mano/dito-a-scatto/ 

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Cause del Dolore alla Spalla

Cause del Dolore alla Spalla

La spalla è senza dubbio l’articolazione più complessa del corpo umano. La sua ampia gamma di movimenti è possibile grazie alla complessità della sua anatomia.

L’articolazione della spalla è a sua volta suddivisa in 5 articolazioni:

✔️l’articolazione scapolo omerale

✔️l’articolazione acromion-clavicolare

✔️l’articolazione sterno-clavicolare

Queste prime 3 articolazioni, che sono definite “vere”

✔️l’articolazione sotto deltoidea

✔️l’articolazione scapolo-toracica

Mentre le altre 2 articolazioni sono dette “false”.

Le 5 articolazioni sono tenute insieme da una serie di legamenti, strutture tendinee e muscolari che ne permettono, nello stesso tempo la stabilità e il movimento. L’anatomia delle ossa, dei muscoli e dei nervi della spalla è importante per poi capire le varie patologie di questo distretto corporeo, individuare e interpretare i sintomi che derivano dalle sue strutture ed infine permette al medico e al fisioterapista di trovare la migliore soluzione per ogni caso clinico.

Oggi la diagnosi di un dolore alla spalla è molto più preciso di un tempo. Fisioterapisti, ortopedici e fisiatri possono capire l’origine dei sintomi del dolore alla spalla attraverso test specifici di movimento e di evocazione del dolore.

 

Dolore alla spalla e la lesione cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori è un gruppo di quattro muscoli che dalla scapola si inseriscono sull’omero (osso del braccio).
I muscoli della cuffia sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo sono extrarotatori, cioè con la loro contrazione si occupano di ruotare esternamente il braccio, mentre il muscolo sottoscapolare, chiamato così perché origina nella superficie interna della scapola – quella che è a contatto con la gabbia toracica, è l’unico intrarotatore.

Essendo i principali muscoli stabilizzatori della spalla, e in particolare dell’articolazione glenomerale, possono andare incontro a condizioni infiammatorie e a lesioni. Le patologie della cuffia dei rotatori possono avvenire a causa di eventi traumatici o a causa di problematiche croniche.

La fisioterapia per la cuffia dei rotatori solitamente è un percorso lungo e impegnativo, soprattutto se si trattasse di lesione. Infatti se la lesione è importante, è necessaria la riparazione chirurgica! L’obbiettivo di questo percorso riabilitativo è quello di ripristinare un corretto movimento dell’articolazione e recuperare un adeguato tono muscolare che consenta al paziente di poter effettuare tutte le attività di vita quotidiana.

Il raggiungimento di questo traguardo avviene mediante tecniche manuali specifiche, integrate a mezzi fisici e esercizi terapeutici.

 

Dolore alla spalla e impingement sub-acromiale

Il dolore avvertito nella parte anteriore e laterale di spalla è considerato generalmente essere causato dal fenomeno dell’impingement (conflitto) tra il tendine del muscolo sovraspinato situato sopra la testa dell’omero e un osso denominato acromion presente nella parte anteriore e superiore della scapola.

I segni e sintomi sono vari e non ben definiti, per questo si definisce sindrome del conflitto sub-acromiale: infatti si può registrare un dolore a braccio elevato, debolezza ai muscoli della spalla in caso di attività oppure dolore notturno soprattutto riposando in decubito laterale sopra la spalla dolente.

Attualmente non è più accettata la teoria del conflitto per varie ragioni, come ad esempio la mancanza di prevalenza delle lesioni del tendine nella zona sotto l’acromion e si preferisce definirla “Sindrome dolorosa antero-laterale di spalla” anziché “Conflitto sub-acromiale”, questo secondo alcuni autori anche per favorire una comunicazione verso il paziente meno “aggressiva” da parte del medico e fisioterapista.

 

Dolore alla spalla e la tendinite del capo lungo del bicipite

Il capo lungo del bicipite origina dal tubercolo sopraglenoideo della scapola e si inserisce nella tuberosità del radio (osso dell’avambraccio). Ha un ruolo importante anche nel controllo del movimento della spalla, in particolare nella flessione anteriore e nell’abduzione. È un muscolo che si contrae in moltissimi movimenti della spalla e per questo può andare frequentemente incontro a infiammazioni o lesioni. Le lesioni del capo lungo del bicipite avvengono soprattutto quando si solleva un carico molto pesante, ed è evidente ad occhio nudo come il muscolo bicipite ceda verso il basso, formando una specie di palla sulla parte anteriore del braccio, in prossimità del gomito. Nella maggior parte dei casi la tendinite invece è causata sia da sovraccarichi del muscolo bicipite che da disfunzioni di movimento della spalla.

Dolore alla spalla e l’instabilità di spalla

L’instabilità di spalla è una delle condizioni più frequenti per cui i pazienti si recano in un centro di fisioterapia. Questo perché la spalla è un’enartrosi, un’articolazione che si muove sui tre piani dello spazio, e questa grande mobilità sebbene ci consente di muovere al meglio l’arto superiore, risulta essere il tallone d’Achille di questa articolazione. Le condizioni più note di instabilità sono le lussazioni e le sublussazioni. Si parla di lussazione quando un’articolazione esce totalmente dalla sua sede anatomica, mentre si chiama lussazione quell’evento traumatico in cui l’articolazione esce solo in parte.

Dolore alla spalla e la Slap lesion

Si parla di slap lesion quando si lesiona il cercine glenoideo della scapola, in particolare nel suo margine superiore. Infatti la parola SLAP è l’acronimo inglese di Superior Labral tear from Anterior to Posterior, che può essere tradotto nella nostra lingua come lacerazione antero-posteriore del labbro (cercine glenoideo) superiore”.

Sono stati identificati un totale di quattro tipi di lesioni labrali superiori che coinvolgono l’ancoraggio del bicipite.

  • Il tipo I riguarda la sfilacciatura degenerativa senza distacco dell’inserimento del bicipite.
  • Il tipo II è il tipo più comune e rappresenta un distacco del labbro superiore e del bicipite dal bordo glenoideo.
  • Il tipo III rappresenta una lacerazione del labbro a manico di secchio con un inserto di tendine del bicipite intatto nell’osso.
  • Il tipo IV, il meno comune e rappresenta una lesione del tendine del capo lungo del bicipite con una lacerazione a forma di secchio dell’aspetto superiore del labbro.

Dolore alla spalla e la discinesia scapolare

Si tratta di un’alterazione del normale movimento della scapola sulla gabbia toracica, si ha dunque una difficoltà di controllo motorio.

I principali sintomi della discinesia della spalla sono:

  • debolezza muscolare,
  • ridotta funzionalità e mobilità del braccio
  • dolore in particolari posizioni.

Conclusioni

Il dolore alla spalla può essere causato da diverse strutture anatomiche:

  • tendini,
  • legamenti,
  • muscoli nervi,
  • ossa.

In caso di trauma e conseguente dolore intenso è consigliabile recarsi al pronto soccorso per verificare l’eventuale la presenza di fratture. Diversamente se il dolore è comparso in modo progressivo è opportuno fare una valutazione da un medico o da un fisioterapista specializzato.

Attraverso una valutazione funzionale potrà capire quale struttura sta provocando dolore alla spalla. In caso di dubbi clinici o di un’importante impotenza funzionale sarà utile effettuare una risonanza magnetica, che rimane l’esame diagnostico più importante per le strutture della spalla.

 Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/dolore-alla-spalla-cause-e-terapie/ 

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Fibromialgia: cos’è e come trattarla

Fibromialgia: cos’è e come trattarla

La fibromialgia, o sindrome fibromialgica, è considerata una malattia reumatica caratterizzata da dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, affaticamento, disfunzione cognitiva, disturbi del sonno, umore basso, ansia e depressione.

Spesso a questi segni si sommano altri sintomi che impattano sulla qualità della vita dei pazienti. La stima delle percentuali della sindrome è compresa tra il 2% e il 4% nella popolazione mondiale. Vi è una forte predominanza femminile e si riscontrano percentuali più elevate tra le persone obese e i pazienti con malattie reumatiche autoimmuni; una percentuale significativa di pazienti continua a soffrire di sintomi cronici, nonostante la disponibilità di terapie raccomandate, e mostra una compromissione della qualità della vita.

Troppo spesso incontro persone che esordiscono con… “sono un/a fibromialgico/a”, soffrendo una etichetta che il mondo medicale ha rifilato senza magari una corretta diagnosi, con conseguenze devastanti a causa di una prognosi senza soluzioni!

Tipologia di paziente

La fibromialgia è diffusa prevalentemente nel sesso femminile tra i 30-50. Si stima che la prevalenza della depressione nei pazienti con fibromialgia varia dal 41 all’89%, mentre i disturbi d’ansia vanno dal 41 al 77%. Anche sintomi come affaticamento, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione sono comuni in oltre il 70% dei pazienti.

La varietà e la complessità dei sintomi porta spesso a una diminuzione della partecipazione del paziente nelle attività della vita quotidiana, a una diminuzione della produttività lavorativa e della qualità della vita in generale. I pazienti mostrano conseguentemente a questi fattori una bassa aderenza alla terapia!

Patofisiologia

Sebbene l’origine della fibromialgia sia ancora sconosciuta, ci sono alcune ipotesi sullo sviluppo della riduzione della soglia del dolore. Fattori fisiopatologici tra cui l’alterazione del sistema nervoso centrale, periferico ed autonomo, la fisiologia muscolare ed immunitaria, fattori ormonali, fattori neuroendocrini, marcatori infiammatori, influenze genetiche ed influenze psicosociali producono infatti un’alterata elaborazione e gestione del dolore. Inoltre, le modificazioni dell’umore dei pazienti correlate a fibromialgia (depressione e ansia) potrebbero essere espressione di processi infiammatori a causa del rilascio di citochine nell’organismo prodotto da questi processi. Pertanto, l’ipotesi patofisiologia più accettata riconduce alla sensibilizzazione centrale (di cui ne parlo e ne educo i pazienti).

La diagnosi si basa sui criteri clinici descritti dall’American College of Rheumatology.

Storia di dolore diffuso presente da almeno 3 mesi

Dolore in 11 dei 18 siti di tender point alla palpazione: occipite bilateralmente; cervicale bilateralmente; muscolo trapezio bilateralmente; muscolo sovraspinato bilateralmente: sopra la spina della scapola vicino al bordo mediale; seconda costa bilateralmente; gomiti; glutei bilateralmente; grande trocantere bilateralmente; ginocchio bilateralmente.

 

 

Trattamento

Le attuali linee guida per la gestione dei pazienti con fibromialgia raccomandano sia farmaci che approcci non farmacologici per migliorare i sintomi correlati al dolore. Da raccomandare il movimento regolare e una sana alimentazione che sono imprescindibili per una buona qualità della vita.

Gli interventi non farmacologici sono consigliati come trattamenti di prima scelta. Le linee guida cliniche includono tra le terapie conservative non farmacologiche, l’esercizio terapeutico, la terapia manuale, l’educazione del paziente, e altri approcci alternativi (meditazione, ipnosi, ecc).

Una forte evidenza scientifica è data dall’esercizio terapeutico per quanto riguarda l’intensità del dolore, la disabilità e la funzionalità sul breve termine.

L’esercizio contro resistenza migliora la salute mentale dei pazienti con fibromialgia, riducendo significativamente depressione e ansia e migliorando il sonno, sul quale impatta positivamente anche l’esercizio aerobico. In particolare, secondo la European League Against Rheumatism (EULAR), l’esercizio fisico è l’unico intervento a ricevere un forte grado di raccomandazione, con particolare attenzione agli esercizi aerobici e all’allenamento contro resistenza.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle terapie manuali passive vi è evidenza sulla diminuzione intensità del dolore e sulla qualità del sonno a breve termine.

Prove di efficacia suggeriscono anche che l’educazione al paziente, attraverso la ACT therapy (la terapia dell’accettazione e dell’impegno), riduce la disabilità e la depressione a breve e medio termine; mentre gli interventi basati sulla autoconsapevolezza (MBI), come la cognitivo-comportamentale (CBT) è più efficace sul dolore, mentre l’utilizzo della mindfulness è migliore sulla fatica e la depressione.

In generale è possibile concludere che gli interventi non farmacologici per la fibromialgia dovrebbero essere scelti ed individualizzati in base al sintomo predominante, con l’obiettivo di rendere al paziente la migliore qualità di vita auspicabile.

 

Prognosi

Sebbene siano state studiate diverse alternative di trattamento, ad oggi non esiste una cura definitiva per la fibromialgia. Tuttavia, nonostante non sia possibile definire una vera e propria prognosi, va considerato che l’obiettivo della gestione della fibromialgia è quello di alleviare i sintomi, migliorare lo stato di salute dei pazienti e ripristinare la loro motricità e la loro qualità della vita. In questo senso, esiste la solida possibilità di fronteggiare la malattia efficacemente grazie ad un ricco panorama di interventi.

In conclusione, quindi, la persona che soffre di fibromialgia, non è destinata a soffrire per sempre, ma ci sono soluzioni efficaci da consigliare e, soprattutto, da sperimentare.

Dott Lorenzo Rossi, responsabile di DiversaMente Fisioterapia

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Metatarsalgia: riconoscerla e curarla

Metatarsalgia: riconoscerla e curarla

Hai dolore sotto il piede? Potrebbe trattarsi di metatarsalgia. La metatarsalgia è una condizione in cui la pianta dell’avampiede diventa dolorosa e infiammata. Si può sviluppare partecipando ad attività che coinvolgono la corsa e il salto. Ci sono anche altre cause, comprese le deformità del piede e le scarpe troppo strette o troppo larghe.

Le popolazioni più sviluppate, come la nostra, tendono a non camminare più a piede nudo, nemmeno quando si è a casa. Se da un lato questo salvaguarda il piede da traumi esterni o superfici taglienti, dall’altro calzature con il tacco o la punta stretta si dimostrano uno dei principali fattori di rischio per alcuni dismorfismi ortopedici del piede, come l’alluce valgo e per alcune condizioni cliniche dolorose come la metatarsalgia.

In che punto del piede si trova il metatarso?

In ogni piede sono presenti numerose ossa, che possono essere brevemente suddivise in:

  • Ossa tarsali: sono le ossa più grandi. Formano la parte posteriore del piede insieme all’osso del tallone (calcagno);
  • Ossa metatarsali;
  • Ogni dito ha tre falangi, tranne l’alluce che ne ha solo due. Ciò significa che ci sono tre articolazioni nelle dita dei piedi (due articolazioni nell’alluce).

Le ossa metatarsali (o metatarsi) sono 5 ossa allungate situate tra il tarso e le falangi delle dita dei piedi. A prima vista possono sembrare molto simili ai metacarpi (delle mani). La differenza principale sta nella funzione dei metatarsi: distribuire in modo efficace e sicuro il peso del corpo.

Sono numerati da I a V, da mediale a laterale. Insieme ai tarsi contribuiscono a formare le arcate principali del piede, essenziali per il carico e la deambulazione.

Ogni metatarso è attaccato a una delle dita dei piedi. Sono posizionati uno accanto all’altro a forma di arco.

 

Come riconoscere la metatarsalgia?

Il sintomo principale della metatarsalgia è il dolore nell’area metatarsale sotto la pianta del piede. Può essere accompagnata da lividi, gonfiore o infiammazione. I sintomi possono manifestarsi rapidamente o svilupparsi nel tempo.

I sintomi includono:

  • Dolore nella pianta del piede. Il dolore può peggiorare quando ti alzi, corri o cammini;
  • Intorpidimento o formicolio delle dita dei piedi;
  • Sensazione di un sassolino nella scarpa.

Se riconosci uno di questi sintomi, dovresti consultare un medico. La metatarsalgia non trattata può, infatti, portare a conseguenze poco piacevoli, come: dita a martello e zoppia. Inoltre capita spesso che per compensare il dolore causato dalla metatarsalgia si tenda a camminare in maniera anomala, questo può determinare la comparsa di dolori a livello della parte bassa della schiena e dell’anca.

 

 

 Cosa fare per curare la metatarsalgia?

A oggi la metatarsalgia viene curata principalmente con rimedi conservativi. In rari casi, quando le misure conservative non alleviano il dolore e la metatarsalgia è complicata da condizioni del piede come l’alluce valgo, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico per riallineare le ossa metatarsali.

Ecco alcuni consigli per alleviare il dolore dovuto a una metatarsalgia:

  • Riposo. Proteggi il tuo piede da ulteriori lesioni non stressandolo. Potrebbe essere necessario evitare il tuo sport preferito per un po’, ma puoi mantenerti in forma con esercizi a basso impatto, come il nuoto o il ciclismo;
  • Dopo aver camminato solleva il piede;
  • Ghiaccio. Applica impacchi di ghiaccio sulla zona interessata per circa 20 minuti più volte al giorno. Per proteggere la pelle, avvolgi gli impacchi di ghiaccio in un asciugamano sottile;
  • Antidolorifici. Sotto prescrizione medica;
  • Indossa scarpe adeguate. Evita scarpe troppo strette o troppo larghe e limita l’uso di tacchi alti;
  • Indossa scarpe adatte allo sport che pratichi;
  • Usa cuscinetti metatarsali. Questi cuscinetti sono posizionati nelle scarpe appena prima dell’osso metatarsale per aiutare a deviare lo stress dall’area dolorante;
  • Usa solette che supportino l’arco plantare. Se le solette non aiutano, il medico potrebbe raccomandare dei plantari per ridurre al minimo lo stress sulle ossa metatarsali e migliorare la funzione del piede.

 

Fisioterapia per metatarsalgia

Il fisioterapista può aiutarti a migliorare il dolore dovuto alla metatarsalgia. Normalmente il ciclo terapeutico per questa condizione procede per step. Ogni step risponde ad uno specifico obiettivo:

I Step: far diminuire il dolore e controllare l’infiammazione;

II Step: recuperare la mobilità del piede;

III Step: recupero completo della funzionalità dell’arto inferiore e training di esercizi per prevenire eventuali recidive.

Per raggiungere questi obiettivi il fisioterapista utilizza l’integrazione di tecniche manuali con mezzi fisici ad alta tecnologia.

Le tecniche manuali che possono essere utilizzate in questa condizione sono:

  • Massoterapia della volta plantare;
  • Massaggio trasverso nei punti di maggior densità fasciale;
  • Allungamento della catena muscolare posteriore;
  • Mobilizzazione del piede, con particolare attenzione alle teste metatarsali. Il tipo di mobilizzazione che viene applicato è la trazione o il pompage osteopatico, con la quale si riesce a ottenere una diminuzione della tensione miofasciale e articolare;
  • Ginnastica posturale combinata con terapia manuale, allo scopo di correggere eventuali disfunzioni posturali che portano a un aumento patologico del carico nella parte anteriore del piede.

I mezzi fisici più applicati sono:

  • Laser ad alta potenza: è un mezzo fisico utilizzato sia nelle prime fasi, che nelle condizioni più croniche, consiste nell’emissione di un fascio di luce ad alta potenza;
  • Tecarterapia: utilizzata sia in fase acuta (con la modalità pulsata), che in fase cronica (con la modalità continua);
  • Ultrasuoni: si tratta di un mezzo fisico che utilizza onde sonore a una specifica intensità;
  • Ipertermia: è un device, che come la tecarterapia, utilizza onde radio, ma per l’elevata cessione di energia che ricevono i tessuti trattati, è particolarmente indicata nelle condizioni croniche;
  • Correnti antalgiche come Tens e neuromodulatori come l’Interix.

 

 

 

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Tallonite: Cause e Rimedi

Tallonite: Cause e Rimedi

Il dolore ai talloni o tallonite è una condizione patologica estremamente comune, e può essere scatenato da molte potenziali cause: a partire dalle condizioni che influenzano l’osso del tallone come un livido o una frattura da stress oppure dovuta ad un evento traumatico, fino a patologie che colpiscono le strutture muscolo tendinee vicine come la Fascite Plantare, Tendinite dei muscoli della caviglia o tendinosi del tendine d’Achille.

Il dolore può essere sia pulsante e fastidioso che lancinante ed assolutamente debilitante,  tuttavia i casi più comuni rappresentano una via di mezzo a seconda del fattore scatenante e della gravità del caso.

 

Fascite Plantare

La fascite plantare è un’infiammazione della fascia di tessuto che avvolge il nostro arco plantare del piede e si estende dalla base del tallone fino alla punta delle dita dei piedi. In caso di fascite plantare, la fascia viene inizialmente irritata a causa di uno stress ripetuto o eccessivo, e successivamente infiammata, causando dolore al tallone e difficoltà al carico sul piede. La cause più comuni della fascite plantare riguardano la struttura non armonica e forte del piede.

Ad esempio, le persone che hanno problemi con le loro piante del piede, sia i piedi troppo piatti che i piedi troppo arcuati, sono più inclini a sviluppare questa patologia a causa di un eccessivo stress irritativo sulla fascia plantare. Indossare calzature non idonee e di supporto su superfici dure e piatte mette a dura prova la fascia plantare e può contribuire a sviluppare questa condizione: ciò è particolarmente evidente quando il proprio lavoro richiede di stare tante ore in piedi. Anche l’obesità può contribuire alla fascite plantare, a causa del peso eccessivo che i piedi devono sopportare e supportare.

Sintomi

I sintomi della fascite plantare sono:

  • Dolore sul fondo del tallone
  • Dolore nell’arco del piede
  • Dolore solitamente peggiore al mattino
  • Dolore che aumenta durante un periodo di diversi mesi
  • Gonfiore sul fondo del tallone

 

Tendinite d’Achille

Si riferisce all’infiammazione del tendine di Achille, un tendine estremamente grande e potente, simile ad un cordone, che si attacca sulla parte postero superiore dell’osso del tallone.

Il dolore, solitamente associato a sensazioni di tiraggio e di bruciore, si localizza spesso nella parte del tendine che è leggermente sopra l’osso del tallone, a ridosso della sua inserzione. Spesso si avvertono anche lievi gonfiori intorno al tendine che risulterà ingrossato, e rigidità mattutina dal polpaccio fino al tallone.

La tendinite di Achille si sviluppa più frequentemente a seguito di uno stress importante a carico del tendine (come ad esempio dopo una corsa eccessiva senza l’adeguato allenamento o attrezzatura). Anche una condizione artritica di base può contribuire a causare una tendinite di Achille.

 

Diagnosi

Per arrivare a una diagnosi, il medico acquisirà l’anamnesi ed esaminerà il piede del paziente.   Durante l’esame fisico, il medico o il fisioterapista ispezionerà e premerà (“palpando”) varie aree del piede e della caviglia, incluso il tallone, nonché la caviglia, il polpaccio e la parte inferiore della gamba. In questo modo, può verificare le aree di dolore locale, gonfiore, ematoma, eruzione cutanea o deformità. Probabilmente, dopo aver valutato se il movimento passivo di piede e caviglia provoca dolore, valuterà anche la tua andatura ed il tuo modo di camminare e effettuerà test funzionali e di carico.

 

Rimedi per il dolore ai talloni

Fisioterapia per il dolore al tallone   Il trattamento della fascite plantare dovrebbe essere iniziato il prima possibile, sia con piccoli esercizi da fare a casa sia da fare con un fisioterapista:

  • Esercizi di stretching. Gli esercizi che allungano i muscoli del polpaccio aiutano ad alleviare il dolore e aiutano il recupero.
  • Camminare con le scarpe adatte e non a piedi nudi. Quando si cammina senza le giuste scarpe o scalzi, si sollecita eccessivamente la tensione sulla fascia plantare.
  • Ghiaccio. Mettere un impacco di ghiaccio sul tallone per 10-15 minuti più volte al giorno aiuta a controllare l’infiammazione e ridurre il dolore. È importante mettere un asciugamano sottile tra il ghiaccio e il tallone e non applicare mai il ghiaccio direttamente sulla pelle per evitare ustioni e bruciature.
  • Attività limitate. Ridurre le attività fisiche per dare il giusto riposo alle strutture intorno al tallone e consentire loro di ripararsi.
  • Modifiche alle scarpe. Indossare scarpe con un buon supporto per l’arco plantare e con un tallone leggermente rialzato e morbido riduce lo stress sulla fascia plantare e, di conseguenza, il dolore.
  • Farmaci. I farmaci antinfiammatori non steroidei orali (FANS), come l’ibuprofene, possono essere raccomandati per ridurre il dolore e l’infiammazione.

 

Se hai ancora dolore dopo diverse settimane, consulta il tuo ortopedico o fisioterapista che può aggiungere uno o più di questi approcci terapeutici:

  • Imbottitura e nastratura. Posizionare i cuscinetti nella scarpa attenua l’impatto della camminata sul tallone. Un giusto Taping su tallone e caviglia aiuta ad aumentare il sostegno ed il supporto del piede ed a ridurre la tensione sulla fascia plantare.
  • Dispositivi plantari Dispositivi plantari personalizzati che si adattano alla tua scarpa aiutano a correggere le anomalie strutturali sottostanti che possono causare la fascite plantare.
  • In alcuni casi, le iniezioni di corticosteroidi vengono utilizzate per aiutare a ridurre più velocemente l’infiammazione e alleviare immediatamente il dolore.
  • Tutore da passeggio. Un tutore può essere usato per mantenere il piede immobile per alcune settimane per consentirgli di riposare adeguatamente e guarire èiù velocemente.
  • Stecca da notte. Indossare una stecca da notte ti consente di mantenere un allungamento esteso della fascia plantare durante il sonno. Questo può aiutare a ridurre il dolore mattutino provato dalla maggior parte dei pazienti che soffre di dolore ai talloni da fascite plantare.
  • Fisioterapia. Esercizi terapeutici di rinforzo ed allungamento e terapie fisiche strumentali come laserterapia ad alta potenza ed onde d’urto e Tecarterapia, possono essere utilizzate per fornire sollievo in tempi brevi in abbinamento alla terapia manuale.

 

 

 

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https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/dolore-ai-talloni/  

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