Lussazione della Spalla

Lussazione della Spalla

La spalla è un’articolazione chiave del nostro organismo, grazie alla quale possiamo effettuare i movimenti dell’arto superiore.

Ci serviamo di questa articolazione in moltissime attività giornaliere: quando laviamo i denti, quando ci asciughiamo i capelli con il fono, quando mettiamo apposto i piatti nel mobile sopra il lavandino, quando ci vestiamo e quando portiamo le mani al volante della macchina.

La spalla inoltre, è una delle articolazioni più trattate negli sport, soprattutto quelli che richiedono un reclutamento importante dell’arto superiore come: il tennis, la pallavolo, la pallanuoto, la pallacanestro, il pugilato, il portiere nel calcio, il tiro con l’arco e la ginnastica artistica.

Traumi importanti alla spalla possono incidere pesantemente nella qualità di vita della persona e nella carriera di un atleta professionale, per questo motivo è bene essere informati e farsi trattare dai migliori specialisti del campo.

La stabilità della spalla

La spalla è un’articolazione caratterizzata da un’ampia capacità di movimento, proprio per questo motivo rientra nella classificazione delle enaratrosi, ossia tutte quelle articolazioni che hanno la capacità di muoversi sui tre piani dello spazio.

Nella spalla stabile tutti i rapporti tra le strutture che la compongono come capsula, muscoli e legamenti sono in perfetto equilibrio.

Se questa grande mobilità della spalla ci permette di muovere in moltissime direzioni l’arto superiore, c’è anche da dire che espone l’articolazione a maggiori fattori di rischio, tra i quali le lussazioni di cui parliamo in questo articolo e che sono l’episodio più drastico della spalla instabile.

Ma cosa significa spalla instabile?

La spalla è definita “instabile” quando la testa dell’omero nel corso del movimento non rimane ben centrata all’interno della cavità glenoidea della scapola che la contiene in parte.

Tale condizione di instabilità articolare può essere generata da molti fattori, che possono coesistere nella stessa condizione.

Tra questi fattori ricordiamo:

  • una situazione di lassità del tessuto connettivo, e quindi dei tessuti periarticolari come i muscoli, la capsula e i legamenti
  • delle alterazioni nello sviluppo dei capi ossei,
  • un deficit del controllo motorio, ad una eccessiva elasticità o anche da tutti e tre i fattori. Questo elemento è il più comune, e presente in moltissime condizioni dolorose della spalla, poiché è alla base di qualsiasi disfunzione di movimento.
  • eventi traumatici nei quali le strutture deputate alla stabilità cedono, e vi è la fuoriuscita parziale o totale della testa dell’omero dalla sua normale sede articolare.

Cosa significa “lussazione”?

La lussazione è la perdita totale del rapporto tra due o più capi articolari.

Nel caso di spalla si parla quasi sempre della lussazione dell’articolazione glenomeraletra omero e cavita glenoidea della scapola, è ben noto che, di tutte le lussazioni traumatiche, quella della spalla sia di gran lunga la più frequente, incidendo nelle varie statistiche delle lussazioni articolari per ben il 50% dei casi.

La ragione di questa importante incidenza sta nella particolare struttura anatomica dell’articolazione.

Le lussazioni di spalla avvengono quasi sempre anteriormente, cioè la testa omerale fuoriesce davanti, poiché è la zona più vulnerabile poiché protetta solo da tre piccoli legamenti.

 

Quali sono i sintomi della lussazione alla spalla?

La lussazione della spalla è un infortunio piuttosto doloroso ed è facilmente riconoscibile da tre elementi principali:

  • dolore acuto in tutta la regione della spalla;
  • deficit funzionale della spalla: è impossibile effettuare moviementi;
  • esame visivo: anche un non esperto di spalle, sarebbe capace di individuarne una lussazione a causa dell’evidente mal posizione della testa dell’omero, soprattutto nelle lussazioni anteriori la cui fuori uscita dalla normale sede anatomica è evidente. Nei casi peggiori la lussazione è anche esposta, cioè l’omero oltre a fuori uscire dalla sede anatomica è uscito anche dallo strato epidermico, ma si tratta di avvenimenti molto rari. All’esame palpatorio la lussazione di spalla si riconosce come “scivolata” sotto l’ascella (lussazione anteriore) o dietro di essa (lussazione posteriore).

Come si curano le lussazioni di spalla?

Il trattamento della spalla instabile va accuratamente valutato, e varia da persona a persona in funzione di diversi elementi da prendere in esame come:

  • Età del paziente
  • Qualità di movimento dell’articolazione
  • Storia clinica della persona
  • Evento che ha prodotto la lussazione
  • Il tipo di lussazione
  • Numero di lussazioni
  • Ecc…

In linea generale, molto generale, se si tratta di un solo evento lussativo dove la spalla è tornata in sede facilmente è probabile che possa essere sufficiente il trattamento conservativo fisioterapico, mentre nei casi in cui si hanno due o tre recidive è necessaria una stabilizzazione chirurgica con tecniche artroscopiche e artrotromiche che possono essere più o meno invasive a seconda dei casi.

Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/patologie/spalla/la-lussazione-della-spalla/

 

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Le Onde D’Urto

Le Onde D’Urto

Cosa sono?

Il concetto di onde d’urto è stato introdotto in medicina negli anni 60, ma solo nel 1980 la metodologia fu utilizzata per la prima volta su di un paziente per disintegrare dei calcoli renali.
Da allora molti passi avanti sono stati fatti nell’applicazione delle onde d’urto che vanno dall’utilizzo urologico, ortopedico, traumatologico e nuove prospettive ci sono nel trattamento di alcune patologie a carattere cardiologico etc.

Utilizzo in fisioterapia

In fisioterapia non utilizziamo le onde d’urto con una funzione distruttiva, così come avviene in ambito urologico, ma le utilizziamo per il potere che questi mezzi fisici possono espletare in termini di biostimolazione e riparazione tissutale.

Anche in caso di presenza di calcificazioni o di spine ossee (come, ad esempio, la spina calcaneare), non si utilizzeranno le onde d’urto per distruggere ma piuttosto per generare un metabolismo riparativo.

La tecnologia delle Onde D’Urto, come le altre terapie strumentali di ultima generazione, è una ulteriore possibilità che il fisioterapista ha a disposizione, da integrare alla terapia manuale, all’approccio osteopatico e all’esercizio terapeutico.

Le indicazioni terapeutiche sono varie con un’efficacia provata dalla letteratura scientifica: le Onde D’Urto ad oggi è tra le tecnologie strumentali ha vantare le maggiori evidenze scientifiche in continuo aggiornamento.

PRESSO IL NOSTRO CENTRO, NUOVO SERVIZIO E TRATTAMENTO INTEGRATO, GRAZIE ALLA MODERNA TECNOLOGIA DELLE ONDE D’URTO.

Non aspettare a stare meglio!

Per saperne di più leggi l’articolo completo:

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/le-onde-durto-extracorporee-in-terapia-fisica-strumentale/ 

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La Capsulite Adesiva

La Capsulite Adesiva

La capsulite adesiva, detta anche spalla congelata, è una patologia estremamente invalidante caratterizzata da dolore e rigidità, nella quale prima sopraggiunge l’infiammazione poi un ispessimento della capsula articolare della spalla. 

È una patologia di frequente riscontro nella pratica quotidiana del nostro Centro, dall’impatto estremamente inficiante la qualità della vita del paziente. Generalmente la prognosi è buona col recupero di tutti i movimenti, ma i tempi di recupero lunghi, la collaborazione del paziente è fondamentale e importante sarà il “patto terapeutico” iniziale che farà la differenza!

La capsulite adesiva è una delle patologie importanti del “complesso spalla”: bisogna riconoscerne i segni e sintomi che sia primaria (idiopatica), o secondaria (post-traumatica, post-chirurgica, processo patologico, altro…); bisogna riconoscerne gli stadi specifici per affrontarli col trattamento mirato ed efficace.

Cause della capsulite adesiva

Le cause della spalla congelata sono ancora sconosciute e si evidenziano solo dei fattori di rischio:

  • età, colpisce tra i 40 e i 60 anni;
  • sesso, colpisce più le donne
  • traumi locali, con successive mobilizzazioni soprattutto quando non si esegue un lavoro di fisioterapia successivo;
  • problemi neurologici, parkinson’s, alzhaimer;  
  • problemi metabolici, diabete, disfunzioni tiroidee;
  • ripetizione eccessiva di movimenti;
  • problemi posturali che riguardano soprattutto le spalle.

Nella maggior parte dei casi il movimento più compromesso in caso di spalla congelata è quello di rotazione esterna, tuttavia è importante sempre effettuare una valutazione specifica per ogni quadro clinico e ogni individuo.

Il trattamento fisioterapico della capsulite adesiva

 Il trattamento della spalla congelata può essere conservativo o chirurgico, per fortuna nella maggior parte dei casi il trattamento è conservativo e la fisioterapia può aiutare senza arrivare all’intervento.

Dopo la valutazione, il fisioterapista andrà a valutare:

  • la sede del dolore;
  • il tipo di dolore alla spalla;  
  • i movimenti che scatenano il dolore.

Dopo aver messo insieme tutti i dati elaborerà un piano terapeutico specifico e individuale.

Le terapie fisiche fanno parte del piano di trattamento completo utilizzando:

Affidati a chi sa valutare e trattare la tua spalla! Affidati alla “Clinica della Spalla” di DiversaMente Benessere!

 

 

Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/capsulite-adesiva/ 

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La Cuffia dei Rotatori

La Cuffia dei Rotatori

Che tu sia un esperto o no, che abbia avuto o no un problema alla spalla, sicuramente avrai sentito parlare almeno una volta di “cuffia di rotatori”! Infatti, è uno dei gruppi muscolari più noti, poiché è fondamentale per il movimento della spalla e allo stesso tempo risulta essere una delle componenti più soggette a traumi e a lesioni.

La fisioterapia ha un ruolo fondamentale per il trattamento della cuffia dei rotatori, sia nel caso del trattamento conservativo, sia quando la chirurgia è la soluzione definitiva. La fisioterapia (terapia manuale/strumentale, esercizio terapeutico), è importante sia in fase preoperatoria che postoperatoria al fine di poter ripristinare la corretta funzionalità dell’articolazione.

Per cuffia dei rotatori si intende una unità anatomo-funzionale di quattro muscoli che dalla scapola si inseriscono sull’omero e con la loro azione stabilizzano e muovono la complessa articolazione della spalla.                                                  Questi muscoli sono:

  1. Muscolo sovraspinoso;
  2. Muscolo sottospinoso;
  3. Muscolo piccolo rotondo;
  4. Muscolo sottoscapolare.

Questo complesso anatomo-funzionale è chiamato così proprio per la sua attività funzionale; infatti, avvolge la testa omerale come se fosse una vera e propria cuffia, mantenendo tale segmento osseo ben centrato nella cavità glenoidea della scapola, assicurando stabilità e movimento.

La conformazione ossea, però, della glena, parte “svantaggiata” per le sue dimensioni ad accogliere la testa dell’omero: questa caratteristica innata garantisce la grande mobilità della spalla, ma al tempo stesso la espone a varie patologie, tra cui, quelle specifiche della cuffia dei rotatori.

Tra le patologie più frequenti abbiamo sicuramente patologie infiammatorie, ossia le “tendiniti”, che se cronicizzate possono dar luogo alla formazione di calcificazioni, fibrosi e lesioni progressive. La lesione traumatica capita in molte situazioni come una caduta dalla bicicletta, oppure a causa di una violenta strattonata mentre portiamo il nostro cane al guinzaglio oppure, se si ha già una degenerazione importante, la lesione di cuffia può avvenire anche a seguito di una semplice attività di vita quotidiana che si dimostra essere “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

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Cefalee: evidenze in fisioterapia!

Cefalee: evidenze in fisioterapia!

Perché dovrebbe diventare routinaria la valutazione e trattamento, da parte del fisioterapista specializzato, del paziente con Mal di Testa?

Le linee guida della “European Federation of Neurological Societes” dicono che la fisioterapia dovrebbe essere associata alla terapia farmacologica (Bendtsen et al, 2010). È ancora raro, però, l’invio diretto al fisioterapista specializzato per una valutazione ed un adeguato trattamento!

Recenti studi (GBD, 2018) hanno purtroppo evidenziato che dal 1990 al 2017 l’incidenza dei pazienti che soffrono di cefalea, trattati farmacologicamente, non è cambiata: tra diverse forme di disabilità restano al secondo posto, dopo il mal di schiena. I miglioramenti in campo scientifico e farmacologico non hanno determinato un miglioramento della qualità di vita di questi pazienti.

  • Il 90% degli individui avranno almeno un episodio di Mal di Testa nella vita;
  • Il 50% della popolazione generale ha episodi di cefalea in un determinato anno;
  • Il 4% della popolazione soffre di cefalea cronica (più di 15gg al mese da almeno 3 mesi);
  • Costi altissimi: solo in Europa nel 2010 sono stati spesi 13.8 mld€!

La classificazione riconosciuta a livello internazionale è quella della IHS, International Headache Society: ICHD-3.

Le forme primarie più diffuse sono la Cefalea Tensiva e l’Emicrania con e senza aura: bisogna sottolineare che cefalea ed emicrania non sono due cose diverse, bensì le cefalee sono tutte le forme riconosciute di mal di testa; quindi, l’emicrania è una forma specifica di cefalea. L’emicrania resta la forma più studiata: è un disturbo neurologico complesso che coinvolge diverse aree corticali, sottocorticali, del tronco encefalico che controllano affettività, cognitività, il sistema nervoso autonomo e funzioni sensoriali (Burstein et al, 2015). È bene sottolineare il cosiddetto “ciclo dell’emicrania”, affinché gli interventi terapeutici siano proposti e dosati in maniera efficace:

  1. Sintomi premonitori (da non confondere con l’aura), che possono comparire fino a due giorni prima dell’attacco: fatica, difficoltà a concentrarsi, rigidità cervicale, fotofobia, fonofobia, nausea…ecc;
  2. Fase pre-ictale, “annunciata” eventualmente dall’aura;
  3. Fase ictale, quindi l’attacco emicranico vero e proprio dalle 3 alle 72 ore;
  4. Fase post-ictale, in cui restano una serie di disturbi ancora invalidanti.

Sostanzialmente il paziente starà bene “solo” nella fase inter-ictale, lontano dall’attacco, ed è durante questa fase che sarà efficace l’intervento terapeutico, l’attività fisica aerobica ecc…

Una forma di cefalea secondaria che merita una considerazione è la “Cefalea Cervicogenica”: quella che in gergo comune viene definita proprio a carico del tratto cervicale, con disfunzioni articolari e muscolari della cervicale.

Studi dimostrano che l’incidenza tra la popolazione va tra l’1 ed il 4%, ma visto che la diagnosi la fa il neurologo, è improbabile che il medico sappia valutare adeguatamente il rachide cervicale (al di là di una semplice palpazione di aree tese e contratte, o di una franca limitazione del movimento), somministrando i test adeguati e/o riuscendo a provocare i sintomi classici di questa forma di cefalea: per questo motivo i numeri delle persone che ne soffrono salirebbero notevolmente.

Sarebbe auspicabile una valutazione approfondita e specialistica del fisioterapista esperto, anche nella fase diagnostica.

Altra forma secondaria di pertinenza e di interesse del fisioterapista è la Cefalea da disordine Temporo-mandibolare…per gli stessi motivi di quella Cervicogenica!

Altra considerazione da fare è quella per cui i Mal di Testa, nel tempo, possono evolvere tra forme diverse o i sintomi possono mescolarsi; nella classificazione ufficiale sono riconosciute ben più di 300 diagnosi diverse!

PERCHE’ l’INTERVENTO del FISIOERAPISTA SPECIALIZZATO PUO’ ESSERE UTILE?  La risposta è nel nucleo Trigemino-Cervicale! 

In questa “stazione” del tronco encefalico arrivano convergenze di afferenze trigeminali (dalle sue varie branche) ed afferenze cervicali (primi tre nervi spinali C1-C2-C3): informazioni dal volto e dalla testa ed informazioni dalle aree innervate dalla cervicale alta.

Questi neuroni, quindi, possono sensibilizzarsi portando ad una ipersensibilità a vari stimoli (es. pressori sui tessuti cervicali), generando un dolore locale (tessuti miofasciali e/articolari cervicali) o riferito altrove sulla testa, ma comunque noto al paziente.

Il 95-100% dei pazienti emicranici o cefalgici hanno dolore riferito alla testa, riprodotto con stimolazione del rachide cervicale superiore, che non avviene in soggetti sani (Watson & Drummond 2012, 2014)

Questo è un evidente segno clinico della cosiddetta “Sensibilizzazione Centrale”: alterato processo di elaborazione del dolore (ne parleremo diffusamente in un articolo dedicato).

La presenza di imput nocicettivi costanti dalla periferia è uno dei fattori più importanti nel mantenere al Sensibilizzazione Centrale (Baron et al, 2013). Le disfunzioni delle articolazioni cervicali e/o quelle muscolari sono imput nocicettivi costanti!!!

Il dolore cervicale è molto più diffuso nelle varie forme di Mal di Testa, più della nausea (88% vs 56%), quindi ne vale la pena saperlo individuare e trattare!!!

La presenza di dolore cervicale è correlata ad una peggiore presentazione clinica, riduce l’effetto degli stessi farmaci ed aumenta la disabilità (Bragatto MM et al, 2019).

Chi soffre di Mal di Testa ha deficit a carico della muscolatura cervicale: debolezza, reclutamento, rigidità, ecc…

Il 93% dei pazienti emicranici ha almeno due disfunzioni muscolo-scheletriche al rachide cervicale (Luedtke et al, 2018).

LA FISIOTERAPIA PUO’ ESSERE EFFICACE, quindi, NEL TRATTAMENTO DEL MAL DI TESTA!

L’efficacia della fisioterapia a fine trattamento ed a sei mesi di follow-up è uguale all’efficacia degli antidepressivi triclicici! (Chaibi et al, 2014), col vantaggio che non ci sono effetti collaterali e/o controindicazioni!

Il trattamento manuale, l’esercizio terapeutico e quello aerobico sono consigliati dall’American Academy of Neurology e dall’American Headache Society, perché si è dimostrato un:

  • Miglioramento della frequenza degli attacchi di circa il 40% (Darabaneau et al, 2011)
  • Beneficio pari al Topiramato, farmaco di profilassi (Varkey et al, 2011)

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Non diventare una vittima delle immagini radiografiche!

Non diventare una vittima delle immagini radiografiche!

È stato dimostrato che questo tipo di atteggiamento porta a un maggior numero di visite mediche, di dolore persistente, di disabilità, di minor qualità della vita.

Gli esami diagnostici (radiografie, ecografie, TAC e RMN), possono essere molto preziosi per talune condizioni cliniche (fratture, danni al midollo spinale, ecc.), ma una volta esclusi problemi “gravi”, per i risultati “minori e/o generici” non si rivelano di grande aiuto a spiegare la maggior parte dei dolori lamentati dal paziente. Anzi, gli studi hanno dimostrato che tali risultati possono essere dannosi da un punto di vista psicologico ed emozionale per il paziente!

Quando vedo e valuto nuovi pazienti, spesso arrivano con una cospicua “raccolta” di indagini ed immagini che mi mostrano con l’atteggiamento di ricercarne al loro interno il motivo del loro dolore persistente. La loro aspettativa è violata dalla mia valutazione clinica che prevede solo alla fine la consultazione delle radiografie! Per me è più importante la storia clinica, la dimostrazione funzionale e clinica del paziente: le immagini radiografiche sono utili nel momento in cui ci sia correlazione tra il disturbo lamentato ed il problema tissutale riscontrato.

Spesso le fonti del dolore (specie se cronico/persistente) dei pazienti sono altro da una “semplice” lesione dei tessuti (muscoli, tendini, legamenti, ossa, dischi…).

Prendiamo in considerazione alcuni risultati scientifici:

COLONNA LOMBARE: gli studi dimostrano che le degenerazioni discali sono presenti nel 40% delle persone sotto i 30 anni e in più del 90% delle persone sopra i 50-55 anni. Un altro studio dimostra come in soggetti SANI tra i 20 ed i 22 anni, il 48% di essi presenta una degenerazione discale e il 25% una protrusione.

COLONNA CERVICALE: uno studio su adulti ed anziani ha trovato che il 98% di essi senza dolore, mostrava la presenza di alterazioni degenerative nei dischi cervicali. Un altro studio ha confrontato le RMN di soggetti sani con quelle di persone che hanno subito un colpo di frusta al momento del trauma e dopo dieci anni. In entrambi i tempi di valutazione sono state riscontrate RMN simili e la presenza di degenerazione discale…

SPALLA: studi effettuati con RMN su soggetti che NON avevano dolore hanno evidenziato la presenza di lesioni parziali alla cuffia dei rotatori nel 20% dei soggetti, mentre nel 15% queste lesioni erano addirittura complete. In soggetti ASINTOMATICI con più di 60 anni, il 50% avevano una lesione alla cuffia dei rotatori, che non sapevano di avere.

GINOCCHIO: gli studi hanno evidenziato che più dell’85% degli adulti senza dolore, avevano indagini radiografiche che mostravano qualche forma di degenerazione tissutale!

PIEDE: come è noto che ci sia una importante associazione tra sperone calcaneare e fascite plantare, è altrettanto interessante sapere che circa il 32% delle persone senza dolore al piede o al calcagno, hanno uno sperone calcaneare visibile radiograficamente.

TRATTIAMO LA PERSONA, NON LA LASTRA!

 Dott Lorenzo Rossi – Fisioterapista spec in Terapia Manuale

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