Riabilitazione spalla dopo Riparazione artroscopica

Riabilitazione spalla dopo Riparazione artroscopica

 

La testimonizianza di Mario presso il nostro Centro.

Sono stato sottoposto ad un intervento alla spalla destra per “Rottura superiore CDR” (Riparazione artroscopica) in data 29 aprile 2020.

Mi sono rivolto al centro Diversamente Benessere del dott. Lorenzo Rossi la settimana successiva all’intervento per iniziare il processo di riabilitazione della spalla, come da prescrizione medica.

Nonostante indossassi ancora il tutore di Abduzione ho iniziato da subito il percorso riabilitativo con risultati rapidi e soddisfacenti.

Dopo appena qualche incontro ero già in grado di guidare l’automobile e a fine percorso la mia spalla ha recuperato forza e autonomia di movimento.

L’ambiente del centro Diversamente Benessere è accogliente e stimolante ; il dottor Lorenzo Rossi è sempre molto disponibile, cordiale e altamente professionale: un forte punto di riferimento per tutto l’Alto Vastese.

 

 

 

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Esercizi per l’epicondilite

Esercizi per l’epicondilite

Come in tante altre condizioni algiche e disfunzionali che ogni giorno affrontiamo nei nostri centri di fisioterapia, l’esercizio terapeutico dosato e dedicato opportunamente, risulta essere una valida strategia terapeutica per favorire la guarigione dei tessuti e controllarne il dolore.

L’epicondilite e l’epitrocleite sono condizioni estremamente dolorose ed invalidanti che troviamo molto spesso in particolari professioni e mestieri (elettricisti, idraulici, parrucchieri, operai di linea, tecnici di vario genere…ma anche persone che usano molto tastiere e mouse, e poi sportivi come tennisti, golfisti e pallavolisti…).

Nella mia pratica professionale ho trovato molto spesso una correlazione tra una spalla disfunzionale e dolore al gomito, ed in questi casi il focus riabilitativo diventa l’articolazione a monte: anche in questi casi una rieducazione funzionale specifica tramite esercizio terapeutico è la soluzione spesso definitiva e risolutiva.

Terminologia e tendinopatie

L’epicondilite rientra nelle classe delle tendinopatie, ossia in tutte quelle condizioni dolorose al tendine. L’epicondilite oggi è un termine caduto in disuso in ambito scientifico perché suggerisce uno stato pressoché infiammatorio: al contrario la patofisiologia di questo processo è di natura maggiormente degenerativa.

Il termine “tendinopatia degenerativa” è usato per descrivere il processo degenerativo proprio del tendine che avviene con il passare del tempo e che sfocia in una condizione di cronicità (oltre i 3 mesi), con aree focali di disorganizzazione del collagene e di ricrescita neurovascolare.

Al contrario una tendinopatia di tipo reattivo si verifica in una fase più acuta (giorni o settimane) e comunemente in risposta a un’attività a cui si è non abituati o aumentate rapidamente, con un crescita omogenea, non infiammatoria e diffusa della cellularità e della sostanza di base.

Di solito avviene un continuum di cambiamenti del tendine cioè dalla tendinopatia reattiva si potrebbe arrivare a quella degenerativa soprattutto se le cause sottostanti il problema non vengono risolte. 

Esercizi

Cook e Purdam nel loro studio scientifico suggeriscono che la riabilitazione dovrebbe differire tra le fasi della tendinopatia, sebbene gli autori riconoscano che la differenziazione clinica sia difficile. Data l’eterogeneità della presentazione clinica e della patologia dell’epicondilite, è probabile che le modalità e le dosi ottimali di esercizio differiscano tra i pazienti con diversi stadi o livelli di gravità della tendinopatia, così come le individuali esigenze funzionali (sportivi, lavoratori manuali ecc).

In linea generale quindi si può dire che la tendinopatia reattiva richiede carichi ridotti o modificati per dare al tendine il tempo di riprendersi, che si verifica comunemente in risposta a un’attività non abituata o aumentata, e gli esercizi possono essere di natura soprattutto isometrica e poi anche concentrica.

Di sovente i paziente con epicondilite afferrano presentano condizioni cliniche per le quali afferrano gli oggetti con il polso già in una posizione di estensione per evitare una maggiore contrazione dei muscoli tale da recare così meno stress e dolore, limitando di sovente anche la pronazione dell’avambraccio che altre si è causa di dolore, assieme al segno di una importante riduzione di forza nella presa: meno 50% con il polso in estensione e meno 69% in flessione rispetto al contro laterale non affetto da epicondilite.

Per visualizzare gli esercizi corretti punto per punto andare all’articolo completo :

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/esercizi-epicondilite/

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Crampi alle gambe : cause e prevenzione

Crampi alle gambe : cause e prevenzione

I crampi alle gambe sono caratterizzati da contrazioni muscolari improvvise, invalidanti ed involontarie che si verificano comunemente durante o dopo un’intensa attività fisica. I crampi colpiscono principalmente i muscoli del polpaccio, ma possono coinvolgere anche i muscoli posteriori della coscia od i muscoli della pianta del piede, anche di notte (crampi notturni delle gambe).  

I crampi notturni si verificano principalmente durante il sonno e vengono solitamente percepiti come contrazioni muscolari unilaterali, dolorose, involontarie ed improvvise, spesso localizzate in una zona ben distinta. In maniera minore, i crampi alle gambe possono anche verificarsi durante il giorno, nei periodi di riposo e relax.

Cosa sono i crampi muscolari

I crampi muscolari sono spasmi molto forti e sostenuti, che spesso causano un indurimento visibile e palpabile del muscolo interessato.  

I crampi muscolari sono estremamente comuni, tanto che quasi tutti almeno una volta nella vita hanno sperimentato un episodio di crampo. I crampi muscolari sono più comuni negli adulti e diventano sempre più frequenti con l’invecchiamento: tuttavia, anche i bambini possono avvertire in alcune situazioni i crampi muscolari. L’incidenza è più alta nelle donne e negli adulti più anziani: infatti, i crampi muscolari colpiscono circa il 33% delle persone di età superiore ai 60 anni e circa il 50% delle persone di età superiore agli 80 anni.  

Fattori di rischio e cause

I fattori che potrebbero aumentare il rischio di soffrire di crampi muscolari sono:

  • Età: le persone anziane, perdendo la massa muscolare, presentano dei muscoli più deboli e quindi più soggetti alla conseguenza di sforzi eccessivi.
  • Disidratazione: gli atleti che si affaticano e si disidratano durante attività e sport intensi spesso sviluppano crampi muscolari.
  • Gravidanza: i crampi muscolari sono comuni anche durante la gravidanza.
  • Condizioni mediche: patologie importanti come diabete o disturbi a carico di nervi, fegato o tiroide possono aumentare il rischio e l’incidenza di soffrire di crampi muscolari.

Le cause che possono scatenare un crampo muscolare sono:

 

  • Cattiva circolazione sanguigna nelle gambe
  • Sforzo eccessivo dei muscoli del polpaccio in alcune attività fisiche intense come corsa e calcio
  • Muscolo rigido, che non si allunga abbastanza
  • Sforzo eccessivo con temperature elevate
  • Fatica muscolare
  • Disidratazione
  • Carenza di magnesio e / o potassio
  • Un problema come una lesione del midollo spinale o un nervo compresso nel collo o nella schiena
  • Malattie renali

 

Prevenire i crampi alle gambe

  • Mangiare più alimenti ricchi di vitamine e magnesio (ad esempio mandorle, noci o la banana che contiene circa 27 mg di magnesio per 100 grammi).
  • Mantenersi sempre ben idratati: è importante bere molti liquidi ogni giorno per mantenere le cellule muscolari idratate e meno irritabili così che venga facilitata la contrazione ed il rilassamento muscolare. La corretta quantità di acqua da bere quotidianamente dipende da molti fattori, come la dieta, il sesso, il livello di attività fisica, il tempo, lo stato di salute, l’età ed i farmaci che si assumono. Naturalmente, durante l’attività fisica, è bene reintegrare i liquidi persi ad intervalli regolari e di continuare a bere acqua.
  • Allungare i muscoli: fare allungamento muscolare si rivela una pratica ottima per prevenire i crampi alle gambe. Fare stretching muscolare durante il giorno, allungamento dinamico prima di esercizi e attività fisica ed allungamento statico alla fine dell’allenamento permette di ridurre l’insorgenza dei crampi. Il fisioterapista può consigliarti come fare allungamento muscolare od esercizi leggeri, come la cyclette, per alcuni minuti prima di mettersi a letto, possono aiutare a prevenire i crampi notturni.

L’allenamento terapeutico e il movimento possono essere un utile alleato per prevenire l’insorgenza di crampi.

 

Stretching per i crampi

Per risolvere un crampo nella parte posteriore della coscia, provare questi due tipi di allungamento: in piedi, appoggiando le mani a muro, mettere il peso sulla gamba interessa, piegare leggermente il ginocchio, allungare il corpo in avanti e sentire la muscolatura posteriore che tira, oppure sdraiato a terra, allungare la gamba interessata verso l’alto e tirare la punta del piede verso di noi e sentire la muscolatura posteriore che tira. Oppure da sdraitati a terra compiere la stesso movimento con l’aiuto delle braccia.  

Per risolvere un crampo nella parte anteriore della coscia (quadricipiti), bisogna appoggiarsi con una mano ad una sedia od il muro per stabilizzarsi, e con l’altra mano portare il piede della gamba interessata indietro in direzione del gluteo.  

Per risolvere, invece, un crampo al polpaccio, bisogna stendersi a terra e farsi aiutare da qualcuno a tirare la punta del piede della gamba interessata verso di te. Se invece dovessimo essere soli, si potrebbe procedere in questo modo:

  1. Mettersi di fronte ad un muro, a distanza di un braccio, con i piedi appoggiati sul pavimento.
  2. Piegarsi in avanti, premendo le mani contro il muro ed i talloni contro il pavimento, sentire i muscoli dei polpacci che si allungano. Tenere il polpaccio allungato per circa 10 secondi.
  3. Ripetere alcune volte per 5 minuti, 3 volte al giorno (l’ultima volta, preferibilmente, poco prima di dormire).

 

 

Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/crampi-alle-gambe-perch-e-cosa-fare/

 

 

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Caso Clinico: il racconto di Michela

Caso Clinico: il racconto di Michela

 

Michela 50 anni, restauratrice.

Da quando ne ho memoria il mal di testa accompagnava ogni mio malanno, ma quando ero piccola non si dava molta importanza alla cosa perché la convinzione generale era che confondessi le varie problematiche; se proprio necessario al caso si risolveva con un po’ di Tachipirina o le molto abusate gocce di Novalgina.

Ma ahimè questa mia problematica è continuata anche in adolescenza e con il crescere dell’età parallelamente aumentava il problema del male oscuro.

Mai nome fu più appropriato per un male che risucchiava le mie giornate costringendomi a letto tra dolori lancinanti al buio, al silenzio ed al digiuno dato che era immancabile anche il rovinoso vomito. Ognuno di noi ha provato cos’è il dolore fisico e non penso di esagerare se affermo che il mal di testa può essere catalogato tra i mali peggiori e invalidanti.

Tra i vari episodi mensili spesso sono ricorsa al pronto soccorso perché la terapia farmacologica da fare a casa,  con importanti dosaggi di antinfiammatori ed antidolorifici e persino oppioidi, risultava inefficace.

Nelle molte visite specialistiche mi sono sentita dire di tutto …”Signorina lei deve partire per un isola deserta, ma c’è una controindicazione ed è che prima o poi dovrà tornare…..” e nelle quali le sole terapie farmacologiche sembravano più devastanti del male stesso.

Terapie che, da non brava paziente o cavia, non me la sono sentita di seguire anche perché ero convinta che quella non fosse la strada giusta.

Il lavoro mi porta inoltre ad assumere posture sbagliate: posizioni che agevolano la ricerca di una più attenta concentrazione visiva e che mi obbligano a forzare sempre i soliti muscoli, così da indurmi ad assumere posture antalgiche errate che peggiorano maggiormente la situazione.

Negli anni ero diventata restia ed avevo perso fiducia anche nella fisioterapia perché i vari trattamenti si sono sempre ridotti ad un effimero benessere riferito al solo tempo della seduta.

Ma col tempo, oltre ai numerosi attacchi di emicrania mensili, si è associato uno stato di malessere generale con nausea, un’insostenibile rigidità del collo e della parte alta della schiena con formicolio alle mani, difficoltà a sollevare la testa e dolori lancinanti alla fine del movimento, persino il dormire peggiorava il mio stato di malessere.

Quando sono arrivata anche alle vertigini durante la guida, il ricorso ad una soluzione è stata urgente e necessaria.

Ricordo il giorno in cui mi sono recata nello studio fisioterapico del Dott. Lorenzo Rossi e che alla domanda di quali fossero i miei sintomi, l’elenco dei malanni erano bagnati da lacrime.

L’approccio che ha avuto mi ha dato subito fiducia e l’aspettativa non è stata delusa infatti grazie alla sua impeccabile preparazione, la grande esperienza e la corretta diagnosi, fin dalla prima seduta il miglioramento è stato tangibile.

Il suo è un nuovo approccio alla terapia è in sinergia con il paziente: la tecnica del trigger point e le sue manipolazioni vertebrali per le quali serve una totale fiducia del paziente nella bravura e capacità del fisioterapista hanno risolto tanti episodi problematici.

Inoltre l’insegnamento di specifici esercizi da fare a casa per potenziare la muscolatura del collo e per imparare a respirare e a rilassarsi hanno migliorato lo stato generale di benessere ma soprattutto hanno nettamente ridotto sia l’intensità che la frequenza degli attacchi. Ho scoperto anche che quella che credevo essere una sinusite in realtà era provocata dal mio problema.

Spero che la mia testimonianza possa aiutare coloro che si trovano nella mia stessa situazione.

 

 

 

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Caso Clinico: la storia di Micaela

Caso Clinico: la storia di Micaela

Micaela 25 anni.

La mia esperienza per il trattamento del mal di testa

Per chi non ne soffre è difficile da capire…tutti abbiamo qualche volta “il mal di testa”, però in alcuni casi c’è quella cefalea persistente che non ti lascia tregua.

Questo comporta di avere sempre con se pillole e antidolorifici e delle volte anche in piena notte tocca prendere questi farmaci; quando si tratta di “un attacco sporadico” lo si riesce anche a debellare ma delle volte capita di essere colpiti da quel mal di testa pazzesco accompagnato da nausee, giramenti di testa, disturbi alla vista, che non si riesce a far sparire…

Pare un incubo? Lo è! Alleviato a malapena da farmaci di ogni tipo, spesso comprati anche sotto suggerimento di altri “sventurati compagni emicranici”, definendoli medicinali miracolosi.

Si prende il farmaco, il dolore passa per qualche tempo e poi di nuovo ricompare , accompagnato da nausee e giramenti di testa, difficoltà a sollevare il capo e fastidio alla vista.

Per me era diventato un circolo vizioso, che anziché eliminare la mia cefalea stava aggiungendo a questo mio disturbo anche problemi allo stomaco.

Ho deciso, quindi, di percorrere un’altra strada, quella della terapia manuale.

Mi sono rivolta al mio fisioterapista di fiducia, il dott Lorenzo Rossi, che con una valutazione specifica e minuziosa ha individuato una serie di aspetti che contribuiscono al mal di testa; tra le altre cose mi ha trattato lo “sternocleidomastoideo”, il muscolo laterale del collo che può dar vita a mal di testa, torcicollo, e associato ad altre disfunzioni come vertigini e nausea.

All’inizio è stata dura proprio perché il fisioterapista andava a trattare dei punti per me molto dolorosi, sensibili ed irritati, ma l’obiettivo della terapia manipolativa era proprio quello di “cambiare” la risposta dei tessuti muscolari ed articolari della cervicale e del collo.

Durante le prime sedute, il mal di testa continuava a perseguitarmi ma con una sottile e rilevante differenza, ovvero un senso di leggerezza soprattutto nei movimenti quotidiani del mio collo! Dalla terza seduta il quadro clinico è cambiato: sono passata dai 2/3 attacchi importanti al mese ad averne al massimo uno ed in forma lieve!

Non solo, prima appena mi alzavo avevo giramenti di testa, per non parlare dei movimenti del collo che mi provocavano fastidio e nausee…ora non più!

Posso dire che il trattamento fatto, i consigli ricevuti sono stati in grado di diradare e ridurre di forza i miei attacchi di mal di testa.

Prima di intraprendere questo percorso della “Clinica del Mal di testa”, presso il nuovo centro del dott Rossi, credevo che i farmaci potessero essere l’unico rimedio a questo terribile problema…ora consiglio vivamente a tutti i miei “colleghi” di rivolgersi al centro DiversaMente Benessere e provare questa nuova modalità di trattare e curare il mal di testa.

Un centro che offre cordialità, simpatia, accoglienza e professionalità di tutto lo staff.

 Insomma, provare per credere! 

E finalmente non devo girare più con la borsa piena di medicinali!

 

 

 

 

Rimedi per il dolore alla caviglia

Rimedi per il dolore alla caviglia

 

Il dolore alla caviglia è solitamente causato da una distorsione, ma può anche essere dovuto ad altri disturbi come instabilità articolare di caviglia, artrite, gotta, tendinite, frattura ossea, compressione di un nervo (come sindrome del tunnel tarsale), infezione e scarso allineamento strutturale della gamba o del piede.

 

Al dolore alla caviglia spesso può essere associato gonfiore, rigidità, arrossamento e calore nell’area interessata: il dolore viene solitamente descritto come “intenso e sordo” e che si manifesta appoggiando il piede a terra o durante il movimento della caviglia stessa.

 

 I trattamenti fisioterapici

 

Il trattamento fisioterapico della distorsione alla caviglia nella fase iniziale consiste in riposo, ghiaccio, elevazione e immobilizzazione, ma, in base alla causa del dolore, può includere anche farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come ibuprofene e se necessario bendaggio funzionale.

 Poi, progressivamente si possono inserire trattamenti con mezzi fisici come:

 

️Tecarterapia

 ️Laserterapia 

 ️Ultrasuoni

 ️Microcorrenti 

 ️Ipertermia

 

Nelle fasi successive insieme alla terapia fisica si possono inserire nel percorso terapeutico anche:

 

️Massoterapia 

 ️Terapia mio-fasciale 

 ️Terapia manuale 

 ️Riabilitazione funzionale 

 ️Riabilitazione propriocettiva

 

 I vari trattamenti inseriti nel percorso terapeutico del singolo paziente in base al quadro clinico e alla fase terapeutica acuta, sub acuta o cronica. Il fisioterapista esperto con il medico specializzato, grazie alla valutazione ed alle immagini di diagnostica strumentale, possono determinare al meglio la causa del dolore, definendo una diagnosi precisa e di conseguenza il percorso terapeutico adeguato.

 

 Sintomi del dolore

 

Può essere percepito dolore all’interno o all’esterno della caviglia o lungo il tendine di Achille, dando un’indicazione sulle possibili cause dell’origine del dolore. 

 Il dolore alla caviglia è spesso accompagnato da questi segni e sintomi:

 

  • rigidità
  • gonfiore
  • rossore
  • calore
  • sensibilità alterata
  • sensazione di poca stabilità dell’articolazione.

 

 Cause

 Distorsione

 La distorsione è una delle cause più comuni di dolore alla caviglia, e costituisce circa l’80% di tutte le lesioni che colpiscono questa articolazione: la distorsione si verifica quando la caviglia fa un movimento innaturale che allunga eccessivamente i capi ossei che la compongono, provocando una lacerazione più o meno grave dei legamenti che la stabilizzano.

 La lesione tipica si verifica quando la caviglia viene improvvisamente “storta” a seguito di un salto od uno scatto durante un’attività sportiva o di un appoggio del piede su una superficie irregolare come una strada di campagna od una strada dissestata: il dolore è inizialmente severo ed invalidante e spesso associato a una sensazione di “pulsazione interna”.

 L’intensità del dolore potrebbe non indicare necessariamente il grado di danno accorso ai legamenti.

 Le lesioni dei legamenti sono spesso classificate da I a III grado in base alla gravità del danno, dove una piccola lesione corrisponde ad un basso grado mentre una lesione completa corrisponde ad un alto grado: mentre una lesione parziale, se curata bene e precocemente, permette di mantenere una buona stabilità meccanica della caviglia, una lesione completa dei legamenti provoca una grossa perdita di stabilità articolare a causa della perduta capacità dei legamenti stessi di supportare efficacemente i diversi movimenti della caviglia.

 Gotta

 La gotta si verifica quando l’acido urico si accumula nel nostro corpo: questa concentrazione più alta del normale di acido urico (un sottoprodotto della normale degradazione del corpo delle vecchie cellule) può depositare cristalli all’interno delle articolazioni, causando di conseguenza un dolore acuto e forte, che in questo caso si sviluppa su tutto il piede, provocando un grosso edema e gonfiore.

 Pseudogotta

 La pseudogotta è una condizione simile alla precedente in cui si accumulano depositi di calcio all’interno delle articolazioni. I sintomi della gotta e dello pseudogotta sono solitamente dolore, gonfiore ed arrossamento, ma il dolore alla caviglia può anche essere causato da infiammazioni articolari come l’artrite.

 Artrite

 Diversi tipi di artrite possono causare dolore alle caviglie, articolazioni che soffrono spesso anche di artrosi. L’osteoartrite è spesso causata dall’usura delle articolazioni, che sono vittime di un processo infiammatorio acuto continuo che con l’avanzare dell’età può portare a sviluppare artrosi.

 Tendinite

 La tendinite è un’infiammazione a carico del tendine o delle strutture che lo rivestono: nel caso dell’articolazione della caviglia, possiamo trovarci difronte a tendiniti del tendine di Achille, del tendine tibiale posteriore o del tendine peroneale.

 Tutte le forme di tendinite causano dolore, gonfiore e sensibilità alla palpazione nell’area del tendine interessata: in caso di evento acuto, come un infortunio sportivo, il trattamento prevede immediatamente l’immobilizzazione dell’area, l’elevazione della gamba infortunata, la limitazione del carico, e l’applicazione di ghiaccio, mentre se possibile è opportuno evitare l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). In caso di infiammazione più grave può essere opportuno utilizzare un tutore ortopedico: la partecipazione all’attività sportiva dovrebbe essere limitata quando il tendine è ancora infiammato, poiché esiste un rischio significativo di rottura o lacerazione del tendine stesso, specialmente nel caso del tendine d’Achille. 

 Frattura

 Le fratture che coinvolgono le ossa della caviglia, come malleolo interno, malleolo esterno e astragalo, vengono trattate con immobilizzazione tramite gesso o specifici tutori: a seconda della gravità, le fratture possono richiedere una doccia gessata od un intervento chirurgico per stabilizzare la lesione ossea. A seguito di gravi lesioni post-traumatiche, come ad esempio un incidente automobilistico, può verificarsi una lussazione dell’articolazione della caviglia: questo tipo di infortunio, se particolarmente grave, richiede quasi sempre un intervento chirurgico di stabilizzazione.

 

 Trattamento dolore alla caviglia

 

Il metodo POLICE, acronimo di riposo Protection (protezione) – Optimal Loading (carico ottimale) – Ice (ghiaccio) – Compression (compressione) – Elevation (elevazione), è quello migliore per trattare il dolore acuto alla caviglia. Ciò comprende:

 

  • Protezione. Attraverso tutori rigidi o semirigidi e bendaggi funzionali è possibile migliorare la stabilità della caviglia riducendo il rischio di subire un trauma potenzialmente peggiorativo del dolore.
  • Carico Ottimale. In base al grado di dolore e di lesione delle strutture della caviglia, è importante modulare il carico che l’articolazione deve sopportare attraverso l’utilizzo di stampelle o bastoni o attraverso uno scarico del peso corporeo: in questo modo si evita di stressare ulteriormente la caviglia, ma la si mantiene attiva favorendo la sua guarigione.
  • Ghiaccio. Mettere una borsa di ghiaccio sulla caviglia permette di modulare il gonfiore ed il dolore riducendo l’infiammazione acuta: la modalità più efficace prevede l’applicazione del ghiaccio sulla caviglia per non più di 15 minuti alla volta, con una frequenza di una volta l’ora e di 3-5 volte al giorno, per almeno le prime 72 ore dopo l’infortunio.
  • Compressione. L’utilizzo di una benda elastica, come ad esempio anche quella anti-trombo, permette di ridurre la fuoriuscita di edema ed ematoma, limitando la formazione di gonfiore e livido. Fare estrema attenzione a non stringere troppo per evitare reazioni opposte e problematiche alla circolazione sanguigna.
  • Elevazione. Quando possibile, tenere la caviglia sollevata sopra il livello del cuore, quindi appoggiata su una pila di cuscini o altri tipi di strutture di supporto, permette di favorire il drenaggio dei liquidi bloccati nella gamba.

 

 

 Per saperne di più leggi l’articolo completo  :

https://www.fisioterapiaitalia.com/blog/dolore-alla-caviglia/

 

 

 

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